FILI INTRECCIATI

Di fronte a questo lavoro fotografico possiamo chiederci: l’abito fa o non fa il monaco?
Oppure, in altre parole: esiste un “vero sé”, che prescinde dalla società e dalla cultura in cui ciascun uomo nasce, cresce, sviluppa la propria identità? Oppure, al contrario, ciascuno di noi è costantemente, ricorsivamente connesso a ciò che lo circonda?
L’autrice prende posizione rispetto al quesito: i “fili intrecciati” che danno il nome al portfolio sono la stoffa che costituisce i vestiti, ma sono anche metafora dell’identità costantemente ridefinita dall’intreccio del sé con il mondo relazionale con cui l’individuo interagisce.
Nelle sue fotografie l’autrice connette abiti e corpi con un tocco delicato e incisivo insieme. Le immagini sono pensate e scattate con attenzione, dosano sapientemente la luce e pongono in risalto il soggetto che si staglia contro lo sfondo buio. I soggetti rappresentano le diverse età della vita, a simboleggiare come l’identità sia sempre in costante ridefinizione, e portano sulle spalle un abito che è al contempo peso e protezione.
La chiusura ha un messaggio forte. Il cumulo di vestiti su cui è posato il bambino appena nato evoca il cumulo di miti familiari, di dettami sociali e culturali da cui, nella crescita, non potrà prescindere.

Motivazione del giudice Gabriella Gandino